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Lavora presso Cosplay. Hobby o Professione?

by Psydis
Lavora presso Cosplay

Lavora presso Cosplay. Quante volte ci si è imbattuti in questa dicitura navigando tra i profili dei cosplayer? Quante domande sono state poste in merito a questa semplice, innocua eppure faziosa dichiarazione da parte dei relativi utenti? Io penso che la risposta sia: Tante!

Dopo un lungo tempo passato ai margini di questo mondo per motivi lavorativi, in quest’ultimo mese mi sono scontrato con delle realtà molto interessanti e controverse su cui ho a lungo riflettuto. Le motivazioni di questa meditazione sono varie e scaturiscono da diversi accadimenti che mi hanno coinvolto in modo più o meno diretto. Premetto subito che non vuole essere una critica a nessuno, ne un attacco o tanto meno motivo di diatriba ne flame, bensì uno spunto di riflessione che analizza l’attuale andamento di questo fenomeno. La polemica sta a zero, quindi tirate le vostre conclusioni senza inutili strasichi puerili perchè quello che dirò è solo un dato di fatto che non voglio giudicare ne condannare. Sarebbe fine a se stesso e senza una verità universale, oltre al fatto che al momento il cosplay, che ci piaccia o no, va così.

L’antefatto per eccellenza nasce con l’ormai noto video sexy di Himorta e Lucy Lane. La pubblicazione del medesimo ha portato lunghi strascichi e flame in cascata dove, per l’ennesima volta, veniva messo alla gogna l’atteggiamento sfrontato, poco pudico e al limite del porno di alcune cosplayer. Le due succitate nel caso specifico, ma è un problema ciclico con molte altre. Immancabilmente si è ricaduti nuovamente su Giada Robin che ha dovuto intervenire per discolparsi, così da trovarci per la prima volta ad avere live parallele di accuse, insulti e prese di posizione. Per la cronaca non ne ho seguita nessuna delle due, ma è comunque curioso che ci sia quasi ridotti ad una gara di share di pubblico su Facebook per convertire haters a nuovi proseliti. Se il video l’avesse fatto Jessica Nigri nessuno avrebbe fiatato, ma noi italiani siamo campioni nel lapidare i nostri connazionali, quindi è nato un piccolo scandalo.

La domanda spontanea sorta, e sotto certi aspetti condivisibile, è: cos’è cosplay e cosa no? Alla fine possiamo considerare cosplay un video in intimo in previsione di indossare una tutina di lycra? E’ cosplay la carrellata su deretano e reggiseno, quindi paragonabile al famoso “play” di un’interpretazione? Sinceramente io ho una mia idea, ma è dal 2006 che gravito nuovamente in questo ambiente e , viste le evoluzioni in 11 anni, è ampiamente di parte in rispetto ai vecchi tempi meno confusi, seppure non meno difficili da gestire rispetto alla domanda originale.

Nel 2006 tutto era molto più raffazzonato, era tanto se qualcuno aveva accessori pregevoli in legno e naturalmente il grosso degli abiti erano cura dei cosplayer o delle rispettive mamme piuttosto che nonne. Le serie anime e i manga erano meno diffusi, pertanto la scelta era molto stretta e molto spesso ognuno conosceva tutto del suo personaggio. Di fiere se andava bene ce n’erano due al mese e solo tra febbraio e novembre, con mesi addirittura senza. Eppure già si dibatteva se film e comics erano considerabili cosplay oppure no, così come il fenomeno Gothic Lolita fosse parte di questo mondo oppure fosse parallelo. I grandi flames si facevano sui forum, ma il vero problema spesso era solo una rivalità tra di essi e non tra le persone come accade ora.

Nel 2017, dopo un assenza forzata di poco meno di due anni, mi ritrovo spaesato nel notare cambiamenti sostanziali e radicali per cui penso che la vera domanda sia appunto “Ma il cosplay è solo un hobby o è diventato una professione?“. Dopo quel video ho avuto modo di parlare con diverse persone e confrontarmi sulla questione, ponderando il loro stile di vita, lo status sociale e anche la possibilità di sopravvivere di solo cosplay. E la cosa eclatante è che nel senso lasco del termine è ormai assodato che possa diventare un lavoro a tutti gli effetti. Un impiego retribuito, in regola con lo Stato e partita IVA e che da un’ampia autonomia economica anche dopo le spese per i cosplay da realizzare. Sicuramente potrebbe essere considerato un lavoro a tempo determinato, a meno di avere doti particolari per reggere in questo status per 40 anni di contributi, ma il dato di fondo è che si può fare.  I vecchi proclami sulla terna di persone che sono in grado di lavorare come cosplayer in realtà decade aprendo le porte a persone più o meno conosciute dalla massa come professionisti del cosplay.

Venerdì scorso ho avuto il privilegio di avere a cena Yuriko Tiger con cui mi sono confrontato, visto anche la sua promettente carriera all’estero nel campo dello spettacolo. Tutto sommato, a parte i problemi burocratici legati al Giappone, alcuni cosplayer in Italia sono alla stregua di piccole starlettine così come lo è lei nel Sol Levante. Anzi in Italia hanno al momento più margine di profitto loro, proprio per questa sorta di ambiguità professionale.

Parliamoci chiaro, nessuno di loro ha al momento guadagni stratosferici, ma basti considerare che non è escluso a volte che, dopo aver pagato tasse e contributi, rimanga in tasca lo stipendio di un operaio medio. E il tutto senza il rischio sul lavoro con macchine pericolose, attrezzature malfunzionanti o impalcature instabili. C’è anche da dire che i soldi non piovono dal cielo e ci vuole dedizione ed intelligenza per riuscirci, ma il dato su cui riflettere è che anche se in molti non se ne accorgono annebbiati dai like, dagli shooting o dai flames, il cosplay potrebbe non essere più un semplice hobby per qualcuno. Questo comporta però determinate scelte, comportamenti e di conseguenza un’esposizione mediatica più spinta del proprio corpo. La cosa incredibile è che succede molto più spesso di quanto si creda, eppure le cosplayer additate sono sempre quelle due o tre. Se avete l’accortezza di fare un paio di indagini accurate, potreste scoprire come tra Patreon, Storenvy, donazioni e cache fieristici (non considerando altre possibili amenità) quanti cosplayer riescano a  ricavare importi mensili lordi tra 1000$ e 2000$ di media.

Questa consapevolezza sposta quindi l’ago della bilancia del cosa sia il cosplay su una taratura personale, che invito ognuno di voi a rendere tale. Ammettendo che il cosplay sia una professione tutto ha senso, anche i video softcore se servono a fine mese a portare a casa lo stipendio. Ha senso che alle fiere vengano invitati i professionisti perchè hanno anche un regime economico legale che comporta detrazioni per l’ente. Hanno senso video proclami che danno visibilità, soldi e battage pubblicitario sia che siano seguiti da fan che haters; l’importante sono le visite ed i minuti che li guardate. Ha senso Patreon più o meno hot ed anche i selfie sexy ad ogni ora del giorno e della notte, con tanti saluti alla meritocrazia.

Se vogliamo invece tirare le redini e restringere il campo occorre nuovamente mettere paletti che è più di undici anni che si prova a piantare senza successo. Ognuno di noi ha una sua visione di questa arte, ma nessuno al momento detiene il potere per codificarla opportunamente. Ci abbiamo provato fino al 2010 con A.Na.Co. ma i risultati sono stati evidenti, con tanto di scioglimento dell’associazione per controversie di visioni. Io volevo educare i cosplayer cercando di rendere una volta per tutte univoco il significato, ma era evidente che era impossibile mettere d’accordo 150 soci, immaginatevi l’attuale “popolazione” cosplay dei social. Un tempo era quasi impensabile che i cosplayer venissero in fiera senza che ci fosse un contest, ora la lo si fa per le foto ed i video autocelebrativi. Un tempo i fotografi che si interessavano a documentare la fiera li contavi con una mano, ormai siamo arrivati ai set a pagamento in fiera e spesso non c’è un posto libero per farli senza accavallarsi.

Cosa voglio dire in buona sostanza? Che sto leggendo su facebook un’infinità di assurdità senza un senso logico, cognitivo e conoscitivo di quello che ruota intorno al cosplay attualmente. In questo momento della storia c’è un tale disordine e deficienza (nel senso stretto del termine) che da dietro la tastiera di un PC  fate tutti i grossi facendovi prendere dall’euforia e dall’ansia da prestazione. Nella realtà invece il fenomeno è diventato molto complesso e per qualcuno anche economicamente vantaggioso.

Cosa mi aspetto dopo questo articolo? Nulla tutto sommato, a parte la speranza di avervi dato degli spunti su cui riflettere in maniera costruttiva e non distruttiva. Si è voluto negli anni idolatrare alcuni cosplayer più per l’aspetto fisico ed il carisma che per la meritocrazia ed ora i termini di scelta spesso sono questi. Si è voluto spingere il cosplay verso il sexy estremo, anche ammirando all’estero alcuni esponenti, ed ora in Italia si è sdoganata anche questa possibilità. Si è sfruttato il lato più nerd per qualcuno, e meno pudico per altri, per rendere il cosplay una fonte importante di sostentamento economico. Ora pensate davvero di poter fare un semplice dietro-front e cancellare tutto con un colpo di spugna?

Parliamoci chiaro, chi sta guadagnando decentemente è gente che sta sfruttando in maniera egregia la sua fisicità, sensualità ed intelligenza ovvero quello che fan, media, televisione ed internet vogliono e reclamano a gran voce. I loro social non crescono con i like e i cuoricini casuali, bensì con gente che ciclicamente va sui loro profili direttamente per vedere le novità. Hanno step patreon singoli anche da 400-600$ già sold out. Possiamo e vogliamo davvero biasimarli per voler sfruttare questa fortunata occasione?

Con l’occasione faccio anche notare che all’estero (negli USA principalmente) ci sono le cosplayer professioniste da anni, e tra le più seguite ce ne sono anche di abbastanza generose in forme. Loro le osannano, da noi fanno gli articoli fake e stupidi definendole “balene”. Queste “balene” campano facendo quello che molti sognano di fare: vivere di Cosplay. Queste presunte “balene” hanno alzato la testa creandosi un piccolo impero nonostante le gambotte ed il culo grosso perchè hanno avuto le palle di rendere se stesse dei personaggi pubblici ricercati. Un esempio interessante è Ivy Doomkitty, cosplayer di Los Angeles che ha creato intorno a se un importante seguito di follower e sostenitori usando cosplay sexy, nonostante da noi sarebbe stata presa in giro continuamente. Quindi è davvero così necessario avere il corpo da topmodel per fare cosplay straordinari e sexy alla stesso tempo? O forse sono i nostri connazionali che, ripeto, sbavano su tutte le straniere a priori e inveiscono a prescindere sulle cosplayer italiane? Perchè ci si ostina a concentrarsi sul fisico delle cosplayer anche quando in realtà sono straordinarie nonostante siano “in carne”? Passi che mettendo al confronto una Nigri con Doomkitty voi preferiate Jessica, ma nella sua singolarità è bene imparare a guardare prima il complesso del cosplay rispetto al  fisico, perchè potreste scoprire che in realtà è fantastica così. Se a prescindere invece diamo contro, non vorremo mai vedere il buono in quel lavoro ma solo quanta ciccia può avere addosso, perdendo voi di intelligenza e dignità … non lei.

In una lontana Fumettopoli incontrai e fotografai una certa Elphaba tratta da Wicked perchè era favolosa in tutti i sensi. Avevo cosplayer sexy e mezze svestite, eppure mi attirava di più questa cosplayer sconosciuta. Stessa cosa accadde a Novegro con una certa Madame Red di un’altra cosplayer. I loro cosplay sono sempre stati impeccabili e fotografarle un’esperienza mistica per i risultati. Entrambe forse non avevano proprio il physique du rôle che tutti si aspettavano, ma erano meravigliosamente perfette nel Cos e nel Play! Voi attualmente le conoscete rispettivamente come Simona Marletti e Manuela Russo. Ancora oggi preferirei scattare loro rispetto ad altre starlettine cosplay senza un’anima ne un’abito curato.

La verità è che ormai si è permesso che il cosplay fosse tutto e niente, quindi ognuno lo vive a modo suo in chiave più o meno morbosa, più o meno pudica e più come un hobby ma possibilmente come trampolino di lancio nel mondo dello spettacolo o addirittura del business. Ecco perchè il 90% delle polemiche, flames e diatribe sono fumo negli occhi. C’è l’egoismo dell’autocelebrazione ancor prima del divertimento e condivisione della parte prettamente artistico-ludica.

Ognuno tragga le proprie conclusioni e rifletta su quanti flame inutili stanno nascendo per difendere quello che sembra a molti un succoso arrosto ma in realtà è una confusa cortina di fumo. My 2 Cents!

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